rega_8.08.2008.jpg Dal GPS  all’elicottero… un salvataggio dal cielo!

Venerdì 8 febbraio 2008 mi trovavo con Renato, a Monte Carasso, per salire a Mornera, a fare un volo. Mentre...

salivamo in teleferica, ci fu chiesto che cosa era necessario fare in caso d’incidente. L’uomo, solito di quei luoghi, voleva in particolare sapere se, in caso d’incidente con parapendio, (nello specifico di qualcuno finito “in pianta”), era necessario allarmare la Rega, piuttosto che la colonna di soccorso o altro.Il discorso proseguì per tutta la trasferta. Una volta arrivati, salutammo l’autoctono cordialmente.

Discorrendo con Renato, raggiunsi il decollo. Altri piloti ci avevano seguiti. Il vento era sostenuto, con raffiche di 20-25 km/h, tanto che un pilota confederato, in procinto di decollare, poco dopo si fece trascinare vicino alle  piante a lato del decollo.

 Come solito, da alcuni tempi, attivai il sistema di rilevamento di Posizione Eriadne , prima di decollare, per provarne ancora una volta la sua efficienza. In particolare, il sistema trasmette la posizione con le coordinate del pilota, in tempo reale ad un computer, quindi ognuno può vedere in diretta dove mi trovo. Sara, mia moglie, mi seguiva quindi in diretta da casa.

 Alle 13.05 ero in volo. Si saliva celermente, se pur con qualche scossone, considerata la giornata invernale. Guadagnai quota e mi portai sopra Erbea a 1930 m/s.m. poi proseguii nella conca tentando di superare la cresta di Morisciolo, ma una volta lì, la cresta restava sopra il mio angolo di planata, e quindi optavo per un ritorno a Frighiscio, discendendo nella Valle di Sementina con “buchi” di 3,5 m/s.  Mi ritrovai quindi ad una quota di 1250 m/s.m. a bordo pendio. Ripresi la termica, fino a riportarmi in cresta. Per la seconda volta sorvolai Erbea, e feci un po’ più di quota, per ripartire con margine verso Morisciolo, dove Renato e altri 2 Piloti erano già passati.

Alle 14, mi mancavano 300 m per arrivare a Morisciolo; in quel mentre mi trovavo a 1700 m/s.m.Forse a causa del parziale sottovento, o di …… la vela collassava per il 45%, e per non farla andare in rotazione, la contrastavo sul lato opposto. Era quindi impossibile cambiare direzione, in quel preciso istante, e mi ritrovai quindi, a toccare con l’estremità dell’ala, un larice. La vela restò impigliata nei rami, ed io, illeso, fortunosamente con i piedi per terra.

Dopo breve, Sara, che stava seguendo il mio tracciato su Eriadne, in diretta, mi chiamava chiedendomi se ci fosse qualche problema, visto che la mia posizione non cambiava. Le dissi allora che la vela era rimasta sulla pianta, e che l’avrei recuperata, cercando poi di ridecollare più tardi.Telefonai a Renato per informarlo dell’accaduto, ma lui era ancora in volo e non rispose.Mi arrampicai sul larice, di circa 12 metri, per togliere la vela, ma i cordini finissimi da competizione, erano profondamente infilati nel tronco, e non mi restava che reciderli per il recupero. Optai quindi per il taglio “totale” del fascio destro, che per altro avevo intenzione di cambiare, a causa dell’usura.

 Dopo 45 minuti, portavo a termine il recupero del parapendio e mi accingevo a proseguire a piedi. Verso le 15, chiamavo Sara e Renato, e gli comunicavo la mia intenzione di proseguire a piedi, ma non sapevo ancora bene in che direzione. Mi consultai pure con Matteo, riguardo ai sentieri in loco, ma se inizialmente la mia idea era quella di salire in vetta, mi decisi per una discesa a valle. La neve alta e, le rocce mi scoraggiavano nella risalita, e in ogni caso non avrei più potuto volare. La speranza era quella di mettersi in salvo in qualche capanna o addirittura di raggiungere il piano.

La discesa si rivelò più impervia del previsto. La neve raggiungeva spesso il metro d’altezza, e molti rami caduti rendevano irto il cammino; misi il telefono e il ricevitore GPS, nella tasca superiore della tuta per preservarli dal bagnato. Dopo oltre due ore e mezza, la distanza coperta era di solo un chilometro e mezzo, con 700 metri di dislivello. Il sacco di 18 kg, come pure i piedi ormai inzuppati d’acqua, e la tuta bagnata fino in vita, mi scoraggiavano.

Tolsi allora telefono e ricevitore dalla tasca e vidi che, per un’ora e dieci, la mia posizione non era più segnalata. Decisi quindi di proseguire fino a che il segnale fosse “ripristinato”, anche per un’eventuale chiamata di soccorso che, ormai vedendo il buio avvicinarsi, non mettevo più così in dubbio.

Continuai il cammino fino a che, finalmente intravidi una particolare segnalazione sulle piante (dei bindelli rossi e bianchi). La seguii fino a che l’indicazione portava ad una ripida salita (in direzione del Monte Sella). Erano le 17.35, quando finalmente il cellulare prendeva un piccolo “segnale” di copertura rete. Ormai si faceva buio. Proseguire, senza pila, in salita, con la neve, diventava in sostanza impossibile.

Mi trovavo a 954 m/s.m. di quota, in mezzo alla valle e lo spazio soprastante era libero. Il luogo era ideale per un recupero a mezzo elicottero; mandai quindi, alle 17.56, la richiesta di soccorso con Eriadne , con le coordinate del luogo in cui mi trovavo a Sara.

Dopo poco meno di un’ora, alle 18.45 la Rega si trovava sopra la mia testa. Il medico, Dr. Caporali, si calava con il verricello e, dopo aver recuperato il sacco, m’imbracava a sé. Percorrevamo quindi un piccolo tratto in volo appesi sotto il velivolo, per poi essere sganciati in un piccolo monte adiacente, e imbarcarci in un secondo tempo sull’elicottero.

Alle 19.05 atterravo alla base Rega, dove Sara e i bambini mi aspettavano con trepidazione.Il Dr. Caporali, faceva quindi notare che “ il lupo perde il pelo, ma non il vizio”, ed era, di fatto, la terza volta che l’elicottero mi veniva in soccorso. Terminato rapidamente il disbrigo delle “pratiche” burocratiche, salutavamo l’equipaggio, ringraziandolo per l’ottimo servizio reso.

Quella sera uscimmo a festeggiare; il mio 1888 volo del 8.2.2008 mi ha alquanto arricchito.Da notare che Riccardo, proprio quel giorno, perse il suo primo dentino!